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Onirica equivale a un tuffo.
In tutte le città di mare appena possono i ragazzi corrono a tuffarsi; lo fanno urlando, imprecando, oppure in religioso silenzio. Si tuffano in diversi stili: carpiato, bomba, volo d’angelo, di testa o a candela. E, a seconda del tipo di tuffo, la regola cambia. Alcuni per “vincere” richiedono di alzare più schizzi possibile, altri, al contrario, di farne il meno possibile. Ma, il più delle volte, ci si tuffa soltanto per tuffarsi, per finire nel mare, in quell’elemento Altro (forse più dell’aria), eppure capace, nonostante tutto, di essere evocativo di qualcosa di profondamente intimo. Quello che accade nell’attimo tra la concentrazione prima di tuffarsi con i piedi ancora ancorati alla terra, lo slancio nel vuoto e l’arrivo nell’acqua, è il passaggio dal Logos al Mythos. Si tratta di una magica epifania. Così, Onirica è un tuffo. Un tuffo nelle parole declinate in prosa o in poesia, tra segni, disegni e note (non note a piè di pagina) ma libere nel testo. Testi scritti che cercano di descrivere quell’attimo prima dello slancio, quel salto nel vuoto e l’arrivo nell’acqua. Un tuffo nei sogni ad occhi aperti e in quelli ad occhi chiusi, che si confondono l’uno nell’altro. Testi, quelli della Collana Onirica, “portatori” di quel volo umano, soltanto umano. A.D.D.
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