Descrizione
«Di Gaetano Greco, della sua arte, che la storiografia colloca alle origini del teatro dei pupi siciliani, sembrava essere rimasto solo la leggenda. Quella del puparo morto pazzo perché, dopo aver inventato i pupi paladini e averli dotati di occhi e bocca (apparentemente) semoventi, non riuscì a dar loro la parola.
In effetti le sue tracce si contano sulle dita di una mano: un minuscolo particolare di una foto; la trascrizione di uno stato di famiglia rosicchiato dal tempo; gli estremi di un certificato di matrimonio; alcune richieste di permesso conservate negli archivi della Polizia e le voci dell’antica casta dei pupari trasformate in storia da studiosi illuminati quali Giuseppe Pitrè, Ettore Li Gotti e Antonio Pasqualino.
Tracce che si perdono. Eppure, nel loro tempo, Gaetano Greco e i suoi figli e nipoti furono artisti straordinari. Furono i primi intorno ai quali si creò una grande scuola; i primi a portare i puoi nei grandi teatri e a farli muovere sulle note di orchestre che suonavano dal vivo; i primi a lasciare Palermo per Roma, scritturati dai teatri di tradizione (il Quirino, il Margherita); i primi ad aprire a Roma un teatro stabile dei pupi, tenendolo in vita per quasi un trentennio
I primi, infine, a sentire la necessità di rivoluzionare la tradizione innovandola, diversificandosi, in questo, dagli altri pupari al punto che la risposta alla loro diversità fu il tentativo (riuscito) di cancellarne le tracce. Per questo nella storia pupara è rimasta la loro grandezza, ma non la loro diversità, non le loro innovazioni (da teatranti tout court più che da pupari) impossibili, per gli altri, da replicare».