Descrizione
Il ruolo della donna nella società italiana postunitaria sembra delineato, dal codice civile del 1865, in termini di rinnovamento rispetto al passato. Pur essendo prevista l’autorizzazione maritale per la moglie, la donna appare sempre più equiparata all’uomo: può essere titolare della patria potestà, può succedere e, se nubile, non subisce alcun limite alla propria autodeterminazione. Tuttavia, l’indagine storico-giuridica consente l’emersione degli effettivi valori sottesi alla legislazione che, formalmente animata dai principi liberali, conserva invece radicate tracce di continuità con il passato, soprattutto per quanto attiene al soggetto giuridico femminile.
La disciplina della famiglia, sorretta dal divieto d’indagini paterne e dall’impossibilità di separazione coniugale in caso di adulterio maschile, svela l’effettiva funzione sociale della donna, che permane saldamente ancorata a codici di onore sessuale dell’ordine precedente, fondati sul principio secondo cui l’unico destino femminile possibile fosse il matrimonio. Gli istituti d’assistenza delle fanciulle che non disponevano di una dote, e perciò non avevano possibilità matrimoniali, rappresentano un tassello utilissimo a far emergere la reale collocazione della donna in società, che non pare modificata dal nuovo ordinamento, ispirato al principio della piena autodeterminazione individuale. Ne sono vivida testimonianza le elargizioni che a vario titolo si facevano a favore delle ospiti dei conservatori, e particolarmente quelle destinate alle cosiddette “figlie dell’Annunziata” di Napoli – che qui si pubblicano per la prima volta – dalle quali traspare una costante attenzione al corpo femminile, i cui esiti politici si iscrivono nella lunghissima durata.