Descrizione
Questo libro interroga Beccaria a partire da domande che forse lo renderanno irriconoscibile a molti, concentrandosi su alcuni casi limite che rischiano di porre un problema all’oggettivismo penale così specifico del suo capolavoro, Dei delitti e delle pene: folli, oziosi, sospettati pericolosi, ossia i soggetti su cui si sono edificate, tra XVIII e XIX secolo e in funzione dei processi di normalizzazione, la moralizzazione e l’antropologizzazione che caratterizzano ancora oggi le nostre pratiche penali. Ma come si è passati dalla separazione beccariana tra reato e peccato alla connessione tra reato e devianza o anormalità? Quale posto hanno Beccaria, la sua scienza dell’uomo, la sua teoria penale, la sua epistemologia giudiziaria e la sua pratica di governo nel processo storico che ha portato alla nascita delle scienze umane e al loro ingresso nella pratica giudiziaria? Indagare l’effettiva consistenza del rapporto tra la riflessione complessiva del filosofo milanese e questo divenire dei sistemi penali è necessario per comprendere in che misura il discorso filosofico di Beccaria può essere riattualizzato in quello che è stato il suo più significativo ruolo storico, vale a dire in funzione della contestazione della violenza epistemologica e politica delle pratiche penali.
Gianvito Brindisi (Avellino 1977) è professore associato di Filosofia del diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. Si è occupato, tra le altre cose, dei rapporti tra diritto, potere e scienze umane, in particolar modo nelle loro ricadute giudiziarie. Tra i suoi lavori: Potere e giudizio. Giurisdizione e veridizione nella genealogia di Michel Foucault (Editoriale Scientifica, Napoli 2010); Il potere come problema. Un percorso teorico (La scuola di Pitagora, Napoli 2012).