Descrizione
La scoperta tra la seconda metà del XIX secolo e gli inizi del XX di nuove fonti documentali e, in particolare, papirologiche permise alla romanistica di guardare oltre a quelle di tradizione manoscritta. Con il tramonto della Pandettistica, sancito dall’entrata in vigore del BGB, lo studio di quelle fonti permise a nuove correnti metodologiche di affermarsi, ampliando lo spettro delle ricerche romanistiche ad àmbiti sino ad allora poco frequentati. Questa ricerca ha preso avvio dall’osservazione secondo cui i papiri (così come le epigrafi) hanno rappresentato nell’epoca in esame un ‘capitale’ nel senso bourdieuano del termine: ‘economico’, data la difficoltà di ottenere tali documenti; ‘culturale’, in quanto oggetto di analisi da parte degli studiosi più accorti; ‘simbolico’, nella competizione per il prestigio delle Università. A prescindere, infine, dalla questione di come (e, soprattutto, con quali risultati) vengano oggi lette queste fonti – questione che esula dalle finalità dell’indagine – si è desiderato mettere in luce quanto il loro uso e studio costituiscano una base imprescindibile per comprendere in maniera più chiara le dinamiche della scienza romanistica dell’epoca.
Christian Baldus è Ordinario di Diritto civile e diritto romano nella Ruprecht-Karls-Universität Heidelberg.
Massimo Miglietta è Ordinario di Diritto romano e fondamenti del diritto europeo nell’Università degli Studi di Trento.
Tommaso Beggio è Associato di Diritto romano e fondamenti del diritto europeo nell’Università degli Studi di Trento.
Filippo Bonin è Ricercatore di Diritto romano tipo B nell’Università degli Studi di Bari ‘Aldo Moro’.