Descrizione
Antonio Merlino insegna nell’Università «Paris Lodron» di Salisburgo, in Austria, dove si è abilitato come Professore ordinario in Rechtsphilosophie (Filosofia del diritto).
Dopo la laurea in Giurisprudenza, si è addottorato con lode in «Rechtswissenschaften» a Salisburgo, in «Scienze giuridiche» nell’Università «Suor Orsola Benincasa» di Napoli e ha ottenuto l’abilitazione come Professore di seconda fascia in Storia del diritto medievale e moderno. Studioso di formazione europea e internazionale, è autore di numerosi libri, tra i quali Montesquieu. Eine Perspektive (De Gruyter, 2020), L’idealismo giuridico di Vittorio Frosini (Il Formichiere, 2019), Kelsen im Spiegel der italienischen Rechtslehre (Peter Lang, 2013) e, per i nostri tipi, Storia di Kelsen (2012). Ha pubblicato sulle maggiori riviste giuridiche e come traduttore ha curato la versione italiana del primo libro di Hermann Heller su Hegel e lo Stato di potenza in Germania (Il Formichiere, 2021) e del libro di Michael Thaler su Diritto e società di massa (Cedam, 2012). Per la stampa quotidiana ha svolto un’intensa attività giornalistica. È collaboratore della Pubblica amministrazione della Provincia autonoma di Bolzano, dove tiene, tra l’altro, corsi bilingui per funzionari e amministrativi.
In questo libro Merlino offre un’interpretazione filosofica, giuridica e politica del concetto di storia, che dispiega così la sua carica critica di alcune delle più convenzionali idee diffusesi nel dibattito dottrinale di ieri e di oggi. Mettendo in relazione contesti culturali europei, come quello austriaco e tedesco o quello francese e italiano, sono interpretate le filosofie giuridiche di autori come Benjamin, Croce, Tocqueville e Montesquieu, Kelsen e Heller, giuristi e filosofi che hanno riflettuto sulla storicità del diritto per erodere quelle che Paolo Grossi ha chiamato «mitologie giuridiche» della modernità, ossia i suoi più consolidati luoghi comuni. Ogni despota mira a riscrivere la storia o a ritoccarne la narrativa per legittimare i suoi scopi. La penna di Merlino tratteggia un intelligente affresco interpretativo per illuminare la carica demistificatrice della storicità del diritto. Intrecciando quella che lo stesso Grossi definì la sua doppia vocazione di filosofo e storico del diritto, l’autore pone il problema della necessaria consustanzialità tra storia, filosofia e diritto: i giuristi necessitano tanto della comprensione filosofica quanto di quella storica, giacché la prima da sola rischia di perdersi in speculazioni rarefatte e avulse dal tempo e dallo spazio, mentre la seconda da sola rischia di accatastare fatti e date deprivati della luce di una intelligenza interpretativa. Impreziosito dalla prefazione di uno dei massimi filosofi del diritto europei, Stephan Kirste, il libro offre un importante contributo per la riflessione sulla natura del diritto e dello Stato, sulla perenne tensione tra diritto e potere e sui limiti della sovranità stessa, che mai si vorrebbe assoluta, e di cui oggi come ieri si sente il bisogno.