Descrizione
Quello di scientificità è sicuramente un concetto-crocevia delicatissimo per la scienza del diritto e i suoi cultori. Da tempo immemore, infatti, quantomeno da tre secoli, i giuristi s’interrogano sul reale grado di indipendenza della loro disciplina, rispetto alle altre scienze. Addirittura per i giuristi quest’atto d’interrogarsi (sull’autonomia della propria scienza) donerebbe, per alcuni, senso e legittimità al proprio lavoro di studiosi. Talché, in questa direzione, in passato, ci si domandati, ad esempio, se la scienza giuridica potesse essere considerata una scienza sperimentale, retta secondo i canoni del positivismo più ortodosso, o, se essa, al contrario, tendesse comunque all’astrazione seguendo la tradizione (metafisica) del diritto naturale. Ai giorni nostri il discorso sull’autonomia della Giurisprudenza si è fatto, se possibile, ancora più spinoso, dato l’emergere – nella risoluzione dei casi giuridici – dell’uso di strumenti non convenzionali al suo campo epistemico tradizionale come di fatto si presentano gli algoritmi. Ricapitolando, allora, da quanto riferito emergerebbe un assunto forse banale quanto vero ossia che il modo di intendere lo studio sul diritto condizionerebbe il diritto stesso, inteso nella sua essenza. In campo giuridico, insomma, come si osserverà, non c’è un metodo che non presupponga, anche, una visione ‘ontologica’ dell’oggetto d’indagine di quel metodo, anche quando quella visione (ontologica) è apparentemente rifiutata. È qui giungiamo alle ragioni di questo studio. Il presente volume è rivolto, esattamente, a indagare il problema dell’autonomia della scienza dei giuristi, non schivandone mai le incertezze che si sono manifestate nel corso della Storia, ma tentando nondimeno di far emergere quel nesso costitutivo tra ontologia e gnoseologia, conoscenza ed essenza del giuridico che sarà un po’ il nodo teorico di questo studio. In breve la tesi che si sosterrà è che dal modo con cui si è ‘ricercato’ il diritto, è maturata al contempo una idea specifica dello stesso.
Dante Valitutti si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno e, sotto la guida del prof. Geminello Preterossi, ha conseguito il dottorato in Diritto pubblico, Teoria delle istituzioni nazionali ed europee e filosofia giuridica presso il medesimo Ateneo. Ha poi seguitato a dedicarsi agli studi giusfilosofici, in particolare si è occupato di filosofia del diritto penale e di teoria e storia dei concetti giuridici. È stato assegnista di ricerca e docente a contratto in Filosofia del diritto e Teoria del diritto e dell’argomentazione. Ha svolto attività di ricerca presso l’Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli e la Humboldt Universität di Berlino. Oltre al presente volume tra i suoi lavori si segnalano anche: Normativismo e funzionalismo penale. Saggio sulla teoria giuridica di Günther Jakobs (2020); Gustav Radbruch. Relativismo. Equità. Trialismo metodologico. Certezza giuridica. Diritto sovralegale (2023).