Descrizione
La società mista per la gestione di servizi pubblici è uno schema giuridico noto e rinvenibile in diversi ordinamenti nazionali come forma di collaborazione pubblico-privato e, quindi, di partenariato tra enti pubblici locali e operatori economici; le soluzioni tecniche, soprattutto per la scelta del socio privato, inizialmente dipendevano dalle tradizioni differenziate dei singoli ordinamenti secondo un percorso, ancora attuale e non sempre lineare, tra il diritto pubblico e il diritto privato con obiettivi comuni. L’esame di alcune interessanti esperienze nazionali prima dell’analisi del “modello italiano” di società mista consente di acquisire il quadro generale delle questioni di fondo anche in relazione alle riforme degli enti territoriali nel contesto della crisi finanziaria economica. Nel nostro ordinamento, la disciplina si presenta particolarmente intricata nella sua evoluzione fino al D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, sulle società a partecipazione pubblica, e non facilmente riconducibile ad una definita politica dei servizi pubblici locali, come emerge dai numerosi tentativi di adattamento normativo alle indicazioni dell’UE e dalle riforme interne volte alla riduzione della spesa pubblica con misure di incerta efficacia per gli enti locali. In particolare, le società di economia mista sono riconducibili al partenariato pubblico-privato istituzionalizzato, distinto dal PPP contrattuale, soluzioni richiamate in vari documenti ufficiali europei, ma senza elaborare una definizione normativa generale. Il Libro Verde del 2004 e la Comunicazione della Commissione europea del 2008, atti di soft law, esaminano il PPPI soprattutto in relazione all’applicabilità uniforme delle direttive del 2004 sui contratti pubblici; da essi sono conseguiti un ambito di presupposti più omogeneo e l’integrazione mediante l’applicazione di un “modello europeo” comune.
Sandra Antoniazzi è Professore Aggregato di Diritto Amministrativo nell’Università di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Diritto Pubblico.